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Impero, Secondo.

Regime istituito in Francia da Luigi Napoleone Bonaparte dal 1852 al 1870. Il 2 dicembre 1851 ebbe inizio il dominio personale di Napoleone III quando, presidente dell'Assemblea legislativa, attuò un colpo di Stato che sciolse l'Assemblea medesima e fece sanzionare il suo operato da un plebiscito che lo vide vincitore a larghissima maggioranza. Nel gennaio 1852 venne emanata una nuova Costituzione che prevedeva l'istituzione di una presidenza decennale e di tre consessi legislativi. Nel dicembre dello stesso anno un nuovo plebiscito proclamava la rinascita dell'Impero francese, alla testa del quale venne posto Luigi Napoleone, nipote di Napoleone Bonaparte, che assunse il nome di Napoleone III. I pilastri su cui venne a basarsi il suo potere erano sostanzialmente rappresentati dall'esercito e dalla burocrazia imperiale. Il ripristino dell'ordine, ottenuto con una politica di contenimento del movimento operaio, portava al potere imperiale il favore della borghesia commerciale, cui venivano garantite condizioni favorevoli per lo sviluppo delle attività economiche. Alla testa della compagine statale stava la figura di Napoleone III, personalità non priva di qualità di statista e di uomo politico. In politica interna le linee direttrici dell'azione di Napoleone III erano rivolte a favorire lo sviluppo della borghesia francese attraverso la creazione di un grande mercato unificato (ottenuto mediante la costruzione di un'ampia rete ferroviaria). Testimonianza di questo sviluppo furono l'esposizione universale di Parigi del 1850 e soprattutto la decisione di Napoleone III, datata al 1860, di abbandonare la politica protezionista che aveva caratterizzato l'economia francese sotto i Borboni e gli Orléans e di aprire le vie al liberalismo, come è dimostrato dal trattato commerciale con l'Inghilterra (gennaio 1860). Tuttavia le principali preoccupazioni napoleoniche erano rivolte verso la politica estera, nel tentativo di far riacquistare alla Francia quella posizione di predominio continentale che aveva avuto durante il Primo Impero. In primo luogo questa politica si venne attuando mediante un avvicinamento all'Inghilterra, al fine di contrastare le mire espansionistiche della Russia e di alimentare il contrasto tra Austria e Russia per il controllo sulla penisola balcanica. Nel 1853 la Francia dichiarò guerra alla Russia, affiancata dall'Inghilterra e dal Regno di Sardegna. Lo scontro si svolse quasi esclusivamente nella penisola di Crimea, nel Mar Nero, soggetta alla sovranità russa. Il conflitto risultò lungo e sanguinoso ma, dopo quasi tre anni di lotta, gli alleati riuscirono ad avere la meglio e, nel 1856, nella capitale francese si tenne il Congresso di Parigi, vale a dire la conferenza della pace. Questo fatto rappresentò una definitiva sanzione della ritrovata posizione predominante della Francia in Europa. Durante questa conferenza si vennero delineando due grandi blocchi: uno imperniato su un'alleanza anglo-austriaca e l'altro caratterizzato da un riavvicinamento franco-russo, orientato specialmente in senso anti-inglese. All'interno di questo ultimo blocco di potenze si veniva ad inserire il Regno di Sardegna, i cui rappresentanti si incontrarono con Napoleone III per tentare di impostare una politica anti-asburgica che aveva come ultimo fine quello di cacciare gli Austriaci dalla penisola italiana e di sostituire l'influenza austriaca con quella francese, oltre a quello di riunificare il nord Italia sotto il controllo dei Savoia. I contatti sfociarono in un'alleanza che diede i suoi frutti nel 1859 quando, alla dichiarazione di guerra austriaca verso il Regno di Sardegna, rispose la dichiarazione francese contro il governo di Vienna. La guerra fu, anche in questo caso, assai sanguinosa. L'esercito francese pagò a duro prezzo le vittorie di Magenta e di Solferino. Inoltre cominciavano a delinearsi le prime difficoltà per la politica italiana dell'imperatore. Il movimento nazionalista italiano mostrava una vitalità insospettata e tendeva a pervenire alla unificazione totale della penisola, con il che si sarebbe venuto a creare a Sud della Francia un forte Stato nazionale che ne avrebbe minacciato le mire di predominio nel centro Europa. Questo fattore, unito alla minaccia gravante sullo Stato della Chiesa (che Napoleone III doveva proteggere per non alienarsi le simpatie dei potenti gruppi di cattolici francesi) convinsero il governo francese a ritirarsi dalla guerra stipulando con l'Austria l'armistizio di Villafranca. Successivamente Napoleone riuscì a ottenere Nizza e la Savoia, ma fu costretto a permettere le annessioni al Regno d'Italia delle regioni centrali. A questi parziali insuccessi in Europa Napoleone III contrapponeva però, davanti alla opinione pubblica francese, i successi in politica coloniale (occupazione dell'Algeria e del Senegal in Africa e della Cocincina e di alcune basi cinesi in Asia). Lo sviluppo dello Stato italiano e la conseguente minaccia su Roma alienarono però all'imperatore l'appoggio degli elementi nazionalisti e clericali che precedentemente erano disposti a sostenerlo. Napoleone III si vide costretto a cercare nuovi alleati fra le correnti liberali. Segno di questo mutamento di politica furono la generale attenuazione dell'autoritarismo del S.I., evidenziata dalla concessione di una amnistia generale nel 1859 e dall'aumento delle funzioni del Corpo legislativo nel 1861. Rinacque in questo modo un movimento di opposizione che riusci ad inviare nel 1863 in Parlamento una schiera di deputati fra cui Adolphe Thiers. In seguito, in politica estera Napoleone III dovette incassare una dura sconfitta con la fucilazione dell'arciduca Massimiliano d'Asburgo, inviato dall'imperatore in Messico per tentare di creare un centro filofrancese al di là dell'Atlantico. A oriente poi cresceva la minacciosa presenza dello Stato prussiano, che nel 1866 batteva sul campo l'esercito austriaco e si presentava come pericoloso concorrente per la politica francese di predominio continentale. A queste sconfitte all'esterno corrispondeva una rinnovata attività dell'opposizione entro i confini, con il distacco da Napoleone delle correnti nazionaliste e cattolicheggianti e con l'ostilità sempre crescente dei gruppi repubblicani e liberali. Per cercare di mantenere il potere Napoleone tentò, tra il 1867 e il 1870, di riformare la struttura giuridica e politica dell'Impero con una serie di riforme che avrebbero dovuto recuperargli i consensi perduti. Un plebiscito popolare, vinto a grande maggioranza, sembrava sanzionare la riuscita di questa politica. Ma ormai l'Impero si avviava verso la rovina definitiva. La politica di espansionismo portata avanti dallo Stato prussiano cozzava fatalmente contro la volontà francese di mantenere una posizione di assoluto predominio nel continente europeo; la guerra scoppiò inevitabilmente quando fu trovato un casus belli, rappresentato dalla candidatura di un Hohenzollern al vacante trono di Spagna. Sebbene isolato diplomaticamente, Napoleone III dichiarò guerra alla Prussia convinto di poterla battere sul campo. I fatti gli diedero torto in meno di un mese. Guidato dalla superiore abilità strategica di Moltke, l'esercito prussiano invadeva l'Alsazia e la Lorena e costringeva successivamente le forze francesi alla resa di Sedan. Il 4 settembre, in seguito ai disastri militari, i repubblicani proclamavano la caduta dell'Impero e la nascita della Terza Repubblica.